Introduzione
Questo articolo descrive una prima ricerca effettuata[1] per verificare se l’intelligenza emotiva – universalmente considerata come la qualità principale di un leader efficace[2] – può essere migliorata non solo attraverso le esperienze personali, ma anche attraverso l’allenamento mentale fornito dallo studio della scienza della negoziazione[3].
Quale competenza è fondamentale per migliorare la qualità della leadership
Sempre più spesso ciò che viene richiesto alle persone (dai consigli di amministrazione, dai recruiter, così come da noi stessi …) per assumere una posizione di leadership è esattamente l’opposto di quello che serve per essere un leader. Infatti, l’eccessiva sicurezza di sé, il narcisismo (scambiato per “visione” e “creatività”) e la percezione del carisma[4] aiutano le persone (soprattutto gli uomini) a raggiungere una posizione di leadership. Ma una volta acquisita questa posizione, questi tratti della personalità si ritorcono contro le organizzazioni stesse, influenzando negativamente le prestazioni dei gruppi. Per convenzione, la gestione delle persone richiede carisma, visione e l’atteggiamento del comando, ma non competenze di negoziazione. Questo è un comune malinteso sulla vera natura della leadership che, di fatto, è ancora oggi vista come un tratto della personalità e non come una relazione. L’equazione fra potenziale della leadership e tratti negativi della personalità (degli uomini) ha quindi creato un sistema imperfetto che mantiene bassi gli standard della leadership e finisce per premiare persone incompetenti in termini dei leadership[5]. Per migliorare la qualità della nostra leadership, dovremmo quindi cercare di valutare il “potenziale della leadership” verificando che i candidati possiedano autentiche competenze di leadership. Quindi, la domanda è: quale tipo di competenza può essere decisiva per aumentare la qualità della leadership? Per scoprirlo, facciamo un piccolo passo indietro.
Cosa ha a che fare l'intelligenza emotiva con la leadership?
L’intelligenza emotiva è la capacità di comprendere e gestire le emozioni proprie e altrui e include tutte quelle competenze che consentono alle persone di interagire socialmente e di cooperare[1]. Le ricerce scientifiche hanno dimostrato che tutti gli individui con un’elevata intelligenza emotiva sono molto più efficaci nei ruoli di leadership e che esiste una correlazione positiva tra intelligenza emotiva e comportamento organizzativo[2]. Questo perché il lavoro – e, quindi, la leadership – riguarda l’interazione con le persone, non con le cose.
La leadership si basa sull'interazione umana. La negoziazione è la scienza dell'interazione umana. Il potenziale di leadership può essere migliorato studiando la scienza della negoziazione?
Questa ricerca muove dal presupposto che la leadership non è una qualità personale o un tratto della personalità. È una relazione tra il leader e i follower[1]. Costruire questa relazione implica conoscere l’altro, “mettersi nei suoi panni”. E lo strumento di base per costruire questa relazione è la capacità di conoscere le emozioni e gli interessi dei follower (piuttosto che cercare di diventare più visionari o carismatici). In altre parole, stabilire questa relazione dipende dalla nostra intelligenza emotiva e dalla nostra capacità di interazione umana. La negoziazione è la scienza dell’interazione umana e lo studio della scienza della negoziazione ci consente di apprendere come “imparare” sugli altri. In effetti, la negoziazione non ha nulla a che fare con i concetti di “attaccare per vincere”, “difendere la propria posizione” oppure “ottenere ciò che si vuole”. Al contrario, la negoziazione ha molto a che fare con il concetto di “ascoltare per apprendere informazioni” per poi “ingegnerizzare soluzioni”. La negoziazione è dunque un processo di apprendimento[2]. Questo processo si basa su una comunicazione strategica ad alto impatto emotivo che ha essenzialmente a che fare con l’interazione umana. Nonostante quanto sopra, la negoziazione non è ancora (erroneamente) considerata centrale fra le competenze di base per la leadership[3]. Questo è il motivo per cui abbiamo deciso di approfondire il legame tra la capacità di negoziare e il potenziale della leadership. Partendo da questi presupposti, è stata avviata una prima ricerca per verificare se l’intelligenza emotiva possa essere migliorata non solo con le esperienze personali, ma anche attraverso l’allenamento mentale fornito dallo studio della scienza della negoziazione[4].
In particolare, considerato che:
- la negoziazione è la scienza dell’interazione umana;
- lo studio della scienza della negoziazione avviene attraverso la simulazione della realtà relazionale[5];
- la scienza della negoziazione fornisce quindi un allenamento mentale (esattamente come l’arte, i romanzi, i film, la poesia, il canto, il teatro, l’opera, ecc.) riguardo le nostre e le altrui emozioni ed interessi;
lo scopo della ricerca è stato quello di verificare se questo specifico allenamento mentale – esattamente come le esperienze personali – aiutasse a sviluppare gli elementi base dell’intelligenza emotiva e, tra queste, non solo la coscienza sociale e la gestione delle relazioni, ma anche l’autoconsapevolezza e l’autocontrollo[6].
La ricerca e i risultati
Come anticipato, la ricerca – svolta coinvolgendo gli studenti dell’Università Luiss che hanno frequentato il NegotiatingLab nel 2020 – muove dal presupposto che l’intelligenza emotiva sia una qualità essenziale per la leadership. I risultati ottenuti mostrano che lo studio della scienza della negoziazione consente alle persone di sviluppare tutti gli elementi di base dell’intelligenza emotiva. E’ stato infatti osservato che lo studio della scienza della negoziazione – intesa come la scienza che ci consente di apprendere le emozioni e gli interessi degli altri (e, di conseguenza, anche le/i nostre/i) – è fondamentale per lo sviluppo dell’intelligenza emotiva ed è quindi una competenza chiave della leadership. L’ osservazione ha mostrato che, dopo aver frequentato un corso di scienza della negoziazione di 48 ore, l’intelligenza emotiva degli studenti è aumentata in media di 6,49 punti (10,02%). E’ stato anche osservato un miglioramento della media delle quattro abilità dell’intelligenza emotiva del 10,60% per le persone di sesso femminile e un aumento dell’8,87% per quelle di sesso maschile. A tal riguardo, infatti, si è notato un miglioramento del campione non solo in termini di coscienza sociale e gestione delle relazioni (c.d. competenze inter-personali), ma anche in termini di autoconsapevolezza e autocontrollo (c.d. competenze intra-personali).
I risultati della ricerca in dettaglio sono indicati nell’Allegato 1.
Implicazioni
I risultati dell’osservazione di cui sopra implicano che la scienza della negoziazione dovrebbe essere riconosciuta come una competenza fondamentale per migliorare la qualità della leadership perché fornisce un allenamento mentale che consente alle persone di sviluppare le competenze di base dell’intelligenza emotiva: autoconsapevolezza, autocontrollo, coscienza sociale e gestione delle relazioni[1].
In effetti, gli studiosi hanno sempre sostenuto che gli individui emotivamente più intelligenti sono più efficaci come negoziatori[2]. Orbene, l’osservazione svolta ha mostrato che la relazione è anche inversa: chi studia la scienza della negoziazione diventa più intelligente emotivamente.
Alla luce di quanto sopra, potremmo dire che le persone che hanno studiato negoziazione sono individui più intelligenti dal punto di vista emotivo e, quindi, mostrano un potenziale più elevato per essere leader efficaci. Dopo tutto, se ci pensiamo attentamente, un negoziatore deve condurre non solo quelli dalla stessa parte del tavolo, ma anche quelli dall’altra parte. Un negoziatore conduce. Un leader negozia. Sempre.
Considerazioni Finali
Detto questo, una conferma, seppur sul piano teorico, che la scienza della negoziazione è una competenza chiave per la leadership deriva anche da queste ulteriori considerazioni. Lo scopo della leadership è promuovere l’interesse del gruppo e non quello del leader. Ne consegue che i leader hanno ragione di esistere – e possono essere definiti tali – solo se, e quando, agiscono al servizio non del proprio interesse, ma dell’interesse del gruppo. La leadership non è un tratto della personalità, è una relazione. Di conseguenza, la prospettiva dalla quale guardare alla leadership non può essere quella del leader, ma quella del gruppo, quella dei follower. Ecco perché, invece di concentrarsi su sè stesso (cercando di ottenere un miglioramento astratto in termini di sicurezza di sè e capacità di comunicazione), un leader dovrebbe chiedersi quali compiti deve svolgere – senza usare il potere e/o l’autorità – per consentire ai follower di muoversi volontariamente in una certa direzione. Questa conclusione confermerebbe, dunque, il principio secondo il quale la leadership non è un’espressione di potere o autorità, ma un processo di (costante) negoziazione[1]. In effetti, la vera leadership, come la intendiamo oggi, implica che coloro a cui viene “mostrata la via” procedano volontariamente in quella direzione. I follower non sono pecore, sono esseri umani. Con le loro opinioni, i loro interessi, le loro emozioni, le loro ambizioni e la loro volontà. E, come esseri umani, i follower perseguono, prima di tutto, il proprio interesse individuale. In questo senso, sono i leader di loro stessi. I follower, quindi, sono prima di tutto leader dei propri interessi personali e, in secondo luogo, follower dell’interesse dell’organizzazione. Un follower si chiede costantemente – più o meno consapevolmente – in che misura deve cooperare con il leader per raggiungere l’interesse del gruppo e in che misura deve raggiungere il proprio interesse personale. Quindi, i leader devono sempre ricordare, per un verso, che guidano esseri umani che sono leader dei propri interessi personali e, per l’altro, che devono portare questi ultimi a diventare follower degli interessi dell’organizzazione. Da questa prospettiva è facile capire che la rotta del leader non può essere che quella di navigare per raggiungere l’interesse del gruppo cercando di non frustrare gli interessi individuali. Questo può spiegare perché la leadership deve essere vista come una relazione e perché questa relazione si svolge sempre in un’area di conflitto (costante e potenziale) tra l’interesse individuale dei singoli follower e l’interesse del gruppo (che il leader deve perseguire). Il concetto di conflitto, quindi, diventa centrale. Il conflitto è il risultato della nostra diversità ed è ciò che consente alle comunità umane di progredire. È semplicemente una “divergenza” di interessi umani. Non è un fatto “patologico”, ma fisiologico. Pertanto, non può (e non dovrebbe) essere evitato. Deve essere dissolto. Il conflitto non è di per sé buono o cattivo, ma è il modo in cui decidiamo di dissolverlo che può trasformarlo in una feroce e drammatica battaglia o in un’esperienza umanamente gratificante[2]. Ora, chiediamoci: quali sono le modalità per risolvere il conflitto tra interessi individuali? Ci sono tre modi.
Ognuno di loro si basa su un “confronto”:
- Forza (confronto tra poteri);
- Diritto (confronto tra diritti soggettivi);
- Negoziazione (confronto tra interessi individuali).

La negoziazione, quindi, è il mezzo per risolvere i conflitti attraverso un confronto tra interessi individuali. Per condurre questo “confronto”, la scienza della negoziazione offre un metodo per apprendere le emozioni e gli interessi dell’altro. Una negoziazione si svolge attraverso l’interazione umana e si basa sullo studio di tre dimensioni: relazione, processo, sostanza. Consideriamo ora come risolvere il conflitto tra interessi individuali e di gruppo. E’ possibile scegliere tra potere, autorità e leadership.

Il potere è ottenere obbedienza, anche contro la volontà degli altri. Non c’è dialogo tra chi esercita il potere e chi ne è soggetto. Questa è la schiavitù. L’autorità si riferisce al potere che le persone accettano di seguire. È quindi legato alle regole e all’accettazione di decisioni legittime. Nelle organizzazioni moderne, l’autorità è rappresentata dalla gerarchia e, graficamente, dall’organigramma. È una metarealtà fatta di “posizioni formali” (non di individui in carne e ossa) attraverso cui viene governata la realtà attuale. La leadership si riferisce alla capacità di persuadere e di essere seguiti senza imposizioni. Non ha nulla a che fare con la gerarchia o l’organigramma. Alla luce di quanto sopra, dovrebbe essere chiaro che, mentre la negoziazione è un mezzo per risolvere il conflitto tra interessi individuali, la leadership è un mezzo per risolvere il conflitto tra interesse individuale (del follower) e interesse di gruppo.
Nonostante quanto sopra, la maggior parte delle persone pensa che la leadership e la negoziazione siano due cose completamente diverse. Nella scienza economica e politica, la leadership e la negoziazione hanno anche dato origine a due diversi campi di studio. Tuttavia, è sufficiente confrontare attentamente i due concetti per capire che una chiara distinzione tra leadership e negoziazione è priva di fondamento[1]. In effetti, c’è un elemento fondamentale che accomuna leadership e negoziazione: la creazione di una relazione personale. È proprio l’esistenza di una relazione personale che attiva la leadership. Questa relazione è fondamentale per facilitare il confronto costante tra l’interesse dei singoli follower e quello del gruppo perché racchiude in sé due forze che spingono le persone ad agire: la fiducia e l’interesse personale. L’esistenza di una relazione personale tende a creare fiducia nel leader e la fiducia riduce il rischio percepito dai follower che i loro interessi personali possano essere danneggiati dalle azioni del leader. Oltre a creare fiducia, una relazione personale alimenta l’aspettativa dei follower di ricevere un flusso di benefici associati ai loro interessi personali. In questi termini, la relazione personale diventa un potente incentivo ad accettare la leadership di un altro individuo. Ora, per costruire una relazione, la capacità di “esprimersi” non è sufficiente. La comunicazione deve sempre essere preceduta da una fase di “apprendimento”. Nessuno sarà mai in grado di comunicare in modo efficace a meno che non abbia prima acquisito conoscenza delle emozioni e degli interessi dei follower. In sostanza, occorre ascoltare per imparare, prima di parlare. Questo processo di apprendimento non è altro che una negoziazione. La negoziazione, dopotutto, è un processo che implica sempre la conoscenza e la gestione delle emozioni degli altri e un confronto tra interessi reciproci. Per impegnarsi in questo confronto (cioè per risolvere un conflitto potenziale o in atto), gli interessi in gioco devono essere prima “appresi”. E questo deve avvenire anche quando – come nel caso della leadership – il confronto è tra interesse individuale e interesse di gruppo. Anche da questa prospettiva, quindi, è possibile concludere che la negoziazione è l’essenza stessa della leadership e che esiste una relazione di causa ed effetto tra le due, in cui la prima è la precondizione (principale) della seconda. In altre parole, lo strumento essenziale di un leader non è l’autorità gerarchica, ma la capacità di negoziazione: la capacità di interazione umana. In questo senso, il ruolo di ogni leader sarà intimamente connesso al concetto di “prendersi cura dell’altro”. Come è noto, peraltro, l’azione del “prendersi cura” riflette molto di più le capacità e i sentimenti delle donne rispetto a quelli degli uomini. Solo che, in un mondo dominato dagli uomini e sciovinista, ciò che viene richiesto come competenza per i “leader” sono i tipici tratti maschili della personalità (sicurezza di sé, narcisismo – scambiato per “visione” e “creatività” – e percezione del carisma) piuttosto che la capacità di “prendersi cura” delle emozioni e degli interessi degli altri. Ecco perché, richiedendo competenze di negoziazione per valutare meglio il potenziale della leadership e, quindi, migliorando la qualità della nostra leadership, non otterremo solo ottenere leader migliori, ma anche più donne in posizioni di leadership. Dopo tutto, non c’è assolutamente alcun conflitto tra il promuovere una leadership di qualità e il promuovere l’uguaglianza di genere[2]. Un leader non deve “prendersi cura degli altri” come se fosse un “prezzo” da pagare per esercitare l’autorità, ma perché il leader convive e condivide progetti con i follower … che, è bene ripeterlo, sono esseri umani! E sono proprio quelli che, se un leader vuole far accadere le cose, non rappresentano l’ostacolo principale, ma la principale risorsa. La leadership deve quindi precedere il management. Un vero leader lavora con le altre persone allo stesso livello e questo permetterà loro di raggiungere insieme l’interesse del gruppo: del resto, il vero vantaggio è sempre quello di ottenere il meglio dalle persone e consentire loro di anticipare e accogliere il cambiamento, indipendentemente dalla loro posizione sulla scala gerarchica. E questo, come detto, per un leader efficace implica conoscere le emozioni e gli interessi dei follower in modo da poter risolvere costantemente il conflitto tra ‘interesse individuale e interesse di gruppo: in altre parole, si tratta di negoziare. Costantemente. Ecco perché, partendo dall’idea che la vita umana è una negoziazione infinita, lo studio della scienza della negoziazione dovrebbe essere integrato nei nostri sistemi di istruzione scolastica e universitaria. E sarà la competenza chiave per la leadership per il futuro.
Allegato 1
Dati e metodo
Per condurre questo studio abbiamo coinvolto 23 studenti che hanno frequentato il Laboratorio di Negoziazione (NegoziazioneLab) presso l’Università LUISS Guido Carli di Roma tra settembre e dicembre 2020. Il corso si è svolto per un giorno alla settimana (sabato mattina) dalle 9:00 alle 13.00. Il campione era formato da 15 femmine e 8 maschi. Lo stesso test è stato somministrato prima e dopo il NegotiatingLab. Faremo riferimento al primo test come fase uno, o P.1 e al nuovo test come fase due, o P.2. Il test aveva l’obiettivo di misurare il grado di intelligenza emotiva degli studenti prima e dopo il NegotiatingLab. A causa delle restrizioni COVID-19, è stato utilizzato un test disponibile online. Il test è accessibile al link: https://dentrolatanadelconiglio.com/test/intelligenza-emotiva-test.
Il test integra domande relative a quattro differenti test di intelligenza emotiva e questionari (fino ad un totale di 60):
- Emotional Intelligence Quizpredisposto dall’ Istituto per la Salute e il Potenziale Umano (Institute for Health and Human Potential);
- Emotional Intelligence Questionnairepredisposto da Mindtools;
- Schutte Self-Report Emotional Intelligence Test (SSEIT) predisposto da Schutte e Co. nel 1998 e basato sul modello Mayer-Salovey;
- Emotional Intelligence Test(2019) predisposto da Psychology Today.
Il test è stato progettato per misurare 4 tipi di abilità: 1) consapevolezza di sé e 2) autocontrollo (abilità intra-personali); 3) coscienza sociale e 4) gestione delle relazioni (abilità interpersonali). Alla luce di quanto sopra, abbiamo osservato l’andamento di tutti gli indicatori relativi alle suddette abilità. Di conseguenza, abbiamo ottenuto 4 osservazioni per ogni studente, quindi un totale di 92 osservazioni durante ogni fase. Alla fine del progetto, abbiamo avuto complessivamente 184 osservazioni. Quindi, per ogni studente abbiamo calcolato la media dei 4 indicatori. Questa media è stata utilizzata per confrontare i risultati di ogni studente tra la fase 1 e la fase 2. Prima dell’analisi dei risultati, i valori anomali sono stati rilevati ed eliminati con il metodo IQR (Interquartile Range). Il campione di studenti è stato ridotto da 23 a 21 (14 femmine e 7 maschi). Infine, è stato eseguito il test di Shapiro-Wilk per verificare la normalità. In entrambe le fasi il campione di 21 studenti è normalmente distribuito.
Risultati Empirici
La tabella 1 mostra i valori medi delle quattro abilità dell’intelligenza emotiva per ciascuno studente ordinate secondo la fase e l’incremento, o decremento, dalla fase 1 alla fase 2.
Tabella 1: Medie Fase 1 e Fase 2 e Comparazione

Nella parte in basso della tabella, vediamo le medie totali di ciascuna colonna, dove abbiamo un valore di 64.83 per la P.1 e un valore di 71.33 per la P.2. La differenza nelle medie totali è di 6.49, il che significa un miglioramento del 10.02% dell’intelligenza emotiva degli studenti. I risultati sono confermati dal T-Test eseguito e sono statisticamente significativi con un p-value di 0.0002982.
Il Grafico 1 ed il Grafico 2 tracciano le medie delle ragazze e dei ragazzi in termini di autoconsapevolezza, autocontrollo, coscienza sociale e gestione delle relazioni e la media di queste quattro abilità dell’intelligenza emotiva, rispettivamente per la fase 1 e la fase 2.
Grafico 1: Medie di Ragazze e Ragazzi in Fase 1


Come possiamo osservare dal Grafico 1, in media le ragazze hanno raggiunto risultati migliori in termini di autoconsapevolezza (66.26) e gestione delle relazioni (71.77) mentre i ragazzi, in media, hanno valori più alti in autocontrollo (62.43) e coscienza sociale (70.40). Considerando la media delle quattro abilità (la media delle ragazze è 64.39, mentre quella dei ragazzi è 65.73), i ragazzi hanno ottenuto un risultato maggiore rispetto alle ragazze di 1.34 punti, ma il risultato è statisticamente non significativo (p-value = 0.3481). Tuttavia, la differenza nell’autocontrollo tra ragazze e ragazzi ha un p-value di 0.05447, dunque la differenza nelle medie qui è molto vicina alla soglia di significatività statistica (0.05).
Grafico 2: Medie di Ragazzi e Ragazze in Fase 2


Il Grafico 2 mostra che, in media, le ragazze hanno raggiunto risultati migliori in termini di autoconsapevolezza (72.40), coscienza sociale (76.19) e gestione delle relazioni (76.31) mentre i ragazzi hanno un valore più elevato solo nell’autocontrollo (68.40). Ciononostante, considerando la media delle quattro abilità, i ragazzi hanno ottenuto un risultato maggiore delle ragazze di 0.35 punti, ma i risultati non sono statisticamente avvalorati (p-value = 0.4265). Notiamo un aumento nella media delle quattro abilità delle ragazze di 10.60%, mentre un incremento di 8.87% nella media delle quattro abilità dei ragazzi. Tuttavia, i ragazzi presentano ancora un valore più alto nell’autocontrollo in comparazione con le ragazze. In altre parole, la differenza nelle medie tra ragazzi e ragazze nell’autocontrollo è ancora presente ed è statisticamente significativa con un
p-value uguale a 0.02381.
All’inizio del NegotiatingLab incontriamo un divario tra le medie delle ragazze e dei ragazzi per ciascuna abilità dell’intelligenza emotiva, mentre alla fine del laboratorio riscontriamo valori più vicini gli uni agli altri. I ragazzi hanno ottenuto, in media, un valore maggiore di 1.34 rispetto alle ragazze nella fase iniziale, mentre alla fine della seconda fase i ragazzi hanno ottenuto, in media, un punteggio superiore a quello delle ragazze di solo 0.35 punti.
Infine, il Grafico 3 mostra la comparazione delle quattro abilità, e la loro media, tra le due fasi in analisi.
Grafico 3: Comparazione Tra Fase 1 e Fase 2


Come possiamo notare dal Grafico 3, c’è un incremento per ciascuna abilità dell’intelligenza emotiva e il maggior incremento si è avuto sull’autocontrollo con una crescita del 16.14%.
La variazione (%) delle media è di 10.02% (6.49 punti). Il p-value della differenza nelle medie del T-Test (0.0002982) indica che l’ipotesi nulla può essere rigettata per l’ipotesi alternativa
(H1: μ(avg p.1) – μ(avg p.2) < 0), dunque il risultato è statisticamente significativo.
Bibliografia
[1] Per la raccolta dei dati e l’analisi dei risultati un ringraziamento speciale va al Dott. Lorenzo Di Luzio.
[2] T. Chamorro-Premuzic, Why do so many incompetent men become leaders? (and how to fix it), Harvard Business Review Press, 2019; D. Goleman, Emotional Intelligence – Why it can matter more than IQ, Bloomsbury, 2020; D. Goleman, The emotionally intelligent leader, Harvard Business Review Press, 2019.
[3] D. T. Malhotra – M. H. Bazerman, Negotiation Genius, Harvard Business School, Bantam Books, 2007, p. 19: “Under the false assumption that negotiation is “all art and no science,” most people fail to prepare adequately for negotiation.
[4] Come sottolineato dal Prof. T. CHAMORRO-PREMUZIC il carisma – come tratto della personalità – non esiste. È solo una percezione dei follower. Quando un leader è sicuro di sé e narcisista, i follower lo percepiscono come carismatico. Il carisma è come l’amore a prima vista. Ci rende ciechi di fronte alla pericolosità dell’altro. In effetti, tendiamo a difendere le scelte di una persona che percepiamo come carismatica senza richiedere prove a sostegno delle sue grandi visioni. E non saremo obiettivi anche quando dovremo valutare le sue prestazioni. La storia ci insegna che un leader percepito come carismatico può usare il carisma per ottenere potere, manipolare i follower e perseguire i propri interessi personali. Nonostante ciò, continuiamo a scegliere leader carismatici. E non ci rendiamo conto che i leader più efficaci al mondo, al contrario, sono persone umili; persone che sono eccellenti non nel promuovere se stesse, ma nell’aumentare la capacità dei loro follower di lavorare insieme nell’interesse del gruppo (cfr. T. Chamorro-Premuzic, Why do so many incompetent men become leaders? (and how to fix it), Harvard Business Review Press, 2019).
[5] T. Chamorro-Premuzic, Why do so many incompetent men become leaders? (and how to fix it), Harvard Business Review Press, 2019.
[6] T. Bradberry, J. Greaves, Emotional Intelligence 2.0, TalentSmart, 2009; D. Goleman, Emotional Intelligence – Why it can matter more than IQ, Bloomsbury, 2020.
[7] T. Chamorro-Premuzic, Why do so many incompetent men become leaders? (and how to fix it), Harvard Business Review Press, 2019; D. Goleman, Emotional Intelligence – Why it can matter more than IQ, Bloomsbury, 2020; D. Goleman, The emotionally intelligent leader, Harvard Business Review Press, 2019.
[8] J. W. Salacuse, Real Leaders Negotiate! – Gaining, Using, and Keeping the Power to Lead Through Negotiation, Palgrave mac millan, 2017.
[9] A. MONORITI – R. GABELLINI, NegoziAzione – Il Manuale dell’interazione umana, Giuffrè, 2018.
[10] J.W. Salacuse, Real Leaders Negotiate – Gaining, Using, and Keeping the Power to Lead Through Negotiation, 2017, page 1: “According to conventional wisdom, real leaders don’t negotiate… For many executives, negotiation is a tool to use outside the organization to deal with customers, suppliers and creditors. Inside, the organization, it’s strictly “my way or the highway”…That’s because most people think that leadership and negotiation are two different skills that don’t have much to do with one another. For them, strong leaders command and weak leaders negotiate…The conventional wisdom is wrong …”.
[11] Il programma completo di un corso di scienza della negoziazione è mostrato nell’indice di A. MONORITI – R. GABELLINI, NegoziAzione – Il Manuale dell’interazione umana, Giuffrè, 2018.
[12] W. Ury, Il negoziato perfetto, Corbaccio, 2015, p. 21: “Quando la gente mi chiede quale sia l’abilità più importante per un negoziatore, di solito rispondo che, se ne dovessi scegliere solo una, sarebbe la capacità di mettersi nei panni altrui”.
[13] Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che, anche per acquisire consapevolezza di sé, è fondamentale per noi capire come le nostre azioni vengono percepite dagli altri e cosa pensano gli altri di noi. La nostra stabilità emotiva non può dipendere solo dal tentativo di autoregolare il nostro rapporto con noi stessi (come se il cervello fosse un sistema a “circuito chiuso”), ma dipende anche dalla nostra capacità di comprendere il nostro rapporto con l’ambiente esterno ed è, in particolare, legata all’interazione con altre persone.
[14] T. Bradberry, J. Greaves, Emotional Intelligence 2.0, TalentSmart, 2009; D. Goleman, Emotional Intelligence – Why it can matter more than IQ, Bloomsbury, 2020.
[15] M. Gavin, The impact of emotions in negotiation, Harvard business School online, 2019 https://online.hbs.edu/blog/post/emotion-in-business-negotiation; E. Kelly, N. Kaminskienė, Importance of Emotional Intelligence in negotiation and mediation, International Comparative Jurisprudence, 2016.
[16] J.W. Salacuse, Real Leaders Negotiate – Gaining, Using, and Keeping the Power to Lead Through Negotiation, 2017.
[17] G. Cosi, L’accordo e la decisione. Modelli culturali di gestione dei conflitti, UTET, Torino, 2017.
[18] J.W. Salacuse, Real Leaders Negotiate – Gaining, Using, and Keeping the Power to Lead Through Negotiation, 2017.
[19] T. Chamorro-Premuzic, Why do so many incompetent men become leaders? (and how to fix it), Harvard Business Review Press, 2019.